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2008 - All About Jazz Italia
"Intervista" di Francesca Odilia Bellino


AAJI: Comincerei banalmente dal nome e dal vostro manifesto: chi, dove, quando e perché. Quattro punti cardinali...
Ebria: Per quanto riguarda il nome non abbiamo mai svelato, se non a pochi intimi il vero significato. Siamo molto affezionati a questo piccolo segreto, scusateci se non ve lo sveliamo.
Per quanto riguarda il nostro manifesto, invece, si può dire che è stato il primo passo, il primo atto compiuto al momento della creazione dell’etichetta; ci è sembrato importante mettere subito in chiaro a noi e a chi avrebbe poi fruito del nostro lavoro alcuni punti fondamentali (ad es. il no-copyright), lo spirito che ha portato alla formazione di Ebria e gli intenti artistici del progetto.
Chi: un gruppo di amici appassionati di musica, perché tali eravamo (e siamo). L’esperienza è partita in quattro: Marco De Marco, Accursio Graffeo, Andrea Reali e Paolo Romano; dopo i primi due anni di vita Marco ha deciso di concludere l’esperienza con Ebria per dedicarsi ad altro e noi tre abbiamo di portate avanti il progetto Ebria.
Dove (o meglio Come): attraverso l’individuazione e promozione di musiche di ricerca con particolare attenzione al “suono”. Ci piace pensare che, al di là dei generi musicali delle band prodotte, Ebria sia riconoscibile per una sorta di filo rosso che lega tutti glia artisti: la ricerca sul suono. Quindi, sperimentazione e ricerca intesa come attitudine alla cura del processo che porta poi alla realizzazione di un disco.
Quando e perché: perché tutti e tre (Accursio, Andrea e Paolo) siamo musicisti e crediamo Ebria sia parte del nostro percorso musicale; per noi è il modo per confrontarci con le realtà musicali che ci circondano, crescere e sviluppare nuove idee attraverso il confronto e l’impegno nella promozione di ciò che ci piace.


AAJI: Quale è la vostra definizione di sperimentazione? Filosofia, poetica o pratica della musica?
Ebria: Abbiamo forse risposto in parte a questa domanda anche nel punto precedente. Come già accennato, il nostro desiderio è che Ebria sia riconoscibile per la realizzazione di “musiche di ricerca”. Confrontando le nostre uscite si può facilmente notare la differenza tra dischi come Echran, IOIOI, I/O, OvO o altri. La nostra intenzione è quella di non essere connotati come un’etichetta di genere, ma come un’etichetta con un’impronta riconoscibile. La nostra idea di sperimentazione può essere perciò sintetizzata con l’attenzione posta al processo che porta alla realizzazione di un disco, la ricerca sul suono; l’attenzione alla parte dinamica del fare musica e ai presupposti che portano un artista che intende sperimentare a realizzare quel prodotto in quel modo e non in un altro. Il termine sperimentazione è troppo spesso abusato e, forse, spesso svuotato di significato. Che cosa vuol dire sperimentare: essere inascoltabili? risultare poco fruibili? essere fuori dai canali major? impegnarsi per essere il più astrusi possibile? o decidere che esistono dei generi “commerciali” e quindi gettarsi a capofitto su quelli “non commerciali” etichettandoli come “sperimentali”?
Noi pensiamo che la sperimentazione sia parte del processo mentale di un musicista più che del gesto che egli va a compiere e del prodotto finito che riesce a determinare, la sperimentazione è il frutto di un’idea e di un disegno, tenendo presente che nel momento in cui un musicista ha un’idea sta già attivando un meccanismo del processo di cui parlavamo in precedenza.


AAJI: Approfondendo la questione dell'improvvisazione: quali conseguenze e coinvolgimenti ha sui musicisti che fanno parte del vostro ambito? Penso ad esempio alla "improvvisazione ritmica minimalistica" degli I/O...o anche a quella, molto diversa, dei Tanake in "3ree".
Ebria: Domanda a cui non è facile dare una risposta. Tanake e I/O lavorano entrambi nell’ambito dell’improvvisazione con grosse differenze, come avete sottolineato. Il coinvolgimento tra I/O, Tanake ed Ebria è stato il frutto di questa comunanza. Abbiamo conosciuto Tanake grazie ad un demo inviatoci da loro anni addietro; la scoperta di questa comunanza ci ha portato a voler approfondire la loro conoscenza ed ipotizzare futuri scenari di collaborazione. Nel caso di I/O e Tanake l’amore artistico è scattato, più che per uno stile musicale simile, per un approccio ed una vicinanza d’idee in merito all’arte (in senso più ampio), oltre ad ascolti ed influenze musicali comuni. Si può forse parlare di un seme comune che generato due creature molto diverse tra di loro, che hanno però avuto modo di suonare insieme nel progetto Ben-za! (I/O + Tanake) in occasione del secondo BääFest.


AAJI: Vi interessa in questo senso quanto succede nel jazz? È ancora un ambito a cui guardare e da cui trarre ispirazione?
Ebria: Senz’altro sì; tra l’altro, per la distribuzione degli ultimi dischi di I/O e Tanake ci siamo affidati al distributore JazzToday, che è specializzato in tale ambito, proprio per allargare il nostro campo di azione per confrontarci con un ambiente (quello jazz, del free e dell’improvvisazione) al quale guardiamo sempre con molto interesse. Non possiamo negare che il lavoro svolto da alcune etichette (e artisti correlati) come FMP e, per alcune cose, Tzadik fungano come fonte d’ispirazione. Ci piace anche aggiungere che in occasione della quarta edizione del BääFest (il festival free-impro-minimal-core che organizziamo ogni anno), siamo riusciti ad avere come ospite William Parker che ha offerto una performance che ci ha molto emozionato e ha catalizzato l’attenzione dei presenti.


AAJI: I/O è tra l'altro il primo gruppo che avete prodotto. Il suo sound - che moltissimo deve alla ricerca, alla sperimentazione ma soprattutto alla libera improvvisazione - mi pare che abbia profondamente delineato la via dei successivi lavori.
Ebria: I/O è stata la nostra prima produzione e abbiamo deciso di uscire subito con una band del tutto sconosciuta anche per sottolineare il nostro desiderio di pubblicare ciò che ci piace a prescindere dal nome e/o dal grado di notorietà. Della band fanno anche parte due membri dell’etichetta (Paolo Romano ed Andrea Reali) ed è stato forse naturale che quella prima uscita offrisse, sin da subito, un imprinting a tutto il lavoro fatto in seguito, anche se in seguito alcune uscite dell’etichetta si sono distanziate molto dalle sonorità degli I/O; pensiamo ai dischi di IOIOI, OvO, Echran. Di quella prima uscita siamo riusciti, a nostro avviso, a conservare il concetto e l’idea che sta a monte anche nelle uscite successive, continuando a tessere quel filo rosso che vorremmo fosse un po’ il marchio di Ebria. “Polytone” degli I/O è stato il nostro giro di boa per sottolineare un punto: I/O è una band “tirata fuori” da Ebria, con il loro secondo disco abbiamo ribadito il nostro sostegno a loro come artisti ed ora continuiamo con il nostro lavoro di ricerca di altri artisti che hanno voglia di ricercare in musica.


AAJI: Molti progetti Ebria uniscono il linguaggio e il mezzo espressivo del teatro (o della teatralità) e della letteratura a quello della musica. Penso in particolare a "Universonbangorfeo" dei Nippon & the Symbol. Questa combinazione, che sembra voler essere molto sottolineata anche nel gesto sonoro, è frutto di una accentuata sensibilità letteraria tradotta in suoni? O piuttosto si tratta solo dell'esito di una pratica improvvisativa dove gesto e suono sono il frutto di un modo di raccontare/rsi?
Ebria: Molti artisti pubblicati da Ebria hanno una forte componente visiva e di impatto live. Pensiamo ad esempio ai concerti di Cristiana Fraticelli (in arte IOIOI) nei quali lei si presenta da sola su un palco con chitarra, voce e laptop. I suoi live hanno una fortissima componente emotiva e teatrale in grado catalizzare l’attenzione dell’ascoltatore attraverso la gestualità, la danza, le espressioni del volto e creando un impatto di forte intimità e vicinanza tra chi suona e chi ascolta. Oppure pensiamo ad Echran, in cui la componente visual è parte stessa della composizione musicale; il video e la musica elettronica di Echran non vanno a completarsi a vicenda, ma sono la stessa cosa!
Per Nippon & the Symbol il discorso è forse leggermente differente. Il progetto parte proprio dalla sensibilità letteraria e dall’amore per alcuni autori, i Nippon & the Symbol sono intervenuti per dar voce (secondo il nostro punto di vista) ai quei testi e alla capacità musicale e rumoristica che Calvino, Buzzati e Campana sono stati in grado di creare. Proviamo a pensare ad una poesia (arte di per sé già musicale) come “Batte botte”, quella poesia aveva per noi quella cadenza, quella musicalità quel paesaggio sonoro, quell’accenno di bossanova. Con Nippon & the Symbol abbiamo provato a costruire il paesaggio sonoro dei testi che leggevamo (lettura comunque musicale, una più recitativa, una più declamatoria); nel caso di Nippon & the Symbol il motore di tutto è la sensibilità nei confronti del testo, l’improvvisazione è lo strumento che ci ha permesso di lavorare per ottenere ciò che volevamo. Abbiamo per scelto l’improvvisazione, piuttosto che la composizione, perché in grado di lasciare aperte le porte dell’emozionalità nel continuo scambio tra lettura e risposta musicale, ma anche perché ha permesso di divertirci molto nei live a seconda delle situazioni ambientali incontrate di volta in volta.


AAJI: Mi soffermerei su "Universonbangorfeo" perché mi pare uno dei più bei progetti musico-letterari degli ultimi anni. Tutto è perfettamente calibrato (musica, parole, suoni e rumori) per ricreare una geografia sonora degli evanescenti immaginari di Italo Calvino, Dino Buzzati e Dino Campana.
Ebria: Vi ringraziamo per l’apprezzamento e per esservi soffermati sui Nippon & the Symbol, perché quella band (ora non più attiva) è stato l’unico ensemble musicale che ha coinvolto tutti e quattro i membri originali dell’etichetta: Marco De Marco ed Andrea Reali alle voci, Accursio Graffeo alla chitarra e Paolo Romano al contrabbasso.
Nippon & the Symbol è nato come gruppo per esibizioni dal vivo; il disco “Universonbangaorfeo” è il frutto di due anni di concerti/performance in giro per l’Italia in cui la forma definitiva del disco (ossia quello che avete potuto sentire) è stato via via limato, smussato ed affinato praticamente sul palco durante i live.
Nippon & the Symbol era un progetto letteratura e di musica d’improvvisazione su canovaccio. La parte performativa (più teatrale) dei live era affidata nella sua totalità alle figure dei musicisti, senza usare scenografie o altro, ma puntando l’attenzione al gesto dell’esecuzione.


AAJI: C'è spazio in futuro anche per progetti che abbiano video (musicale)? Vi interessa quest'ambito?
Ebria: Non lo escludiamo, e confessiamo che ci abbiamo anche pensato per artisti come Echran (ad esempio), in cui la parte video è fondamentale per una completa fruizione del lavoro musicale. Ci siamo interrogati sull’opportunità di far uscire un DVD per Echran, ma poi il tutto non ha trovato uno sbocco come tale principalmente per un questione di costi di realizzazione.
Non escludiamo che in futuro possano uscire DVD e/o pubblicazione video con il marchio Ebria. Abbiamo appena finito di realizzare un vero e proprio film della scorsa edizione del BääFest grazie al lavoro di montaggio audio svolto da Paolo Romano ed al contributo di ripresa e montaggio ed editing video di Tommaso Perfetti; non è escluso che un domani questa opera video possa uscire per Ebria Records, nonché trovare sbocco in altri canali come festival, mostre o rassegne. Vedremo. Dal nostro punto di vista escludiamo nessun canale di espressione artistica, purché in linea con la filosofia di Ebria.


AAJI: E qui non posso non chiedervi di approfondire la cura del lato grafico delle vostre cover.
Ebria: Proviamo ad approfondire questo aspetto partendo dall’osservazione in sequenza delle nostre uscite.
Si possono identificare due momenti differenti dal punto di vista grafico: una prima fase in cui abbiamo puntato sul nero ed una più recente in cui graficamente ci siamo attestati sul bianco. Il principio guida del lavoro grafica che abbiamo provato ad affermare con Ebria è l’essenzialità, il minimalismo e la pulizia del lavoro grafico. La scelta del bianco e nero è dovuta proprio a questa scelta.
Abbiamo sempre apprezzato quelle etichette che sono state in grado di rendersi riconoscibili già dal primo impatto visivo (tra le più famose citiamo ECM o Rune Grammofon). La pulizia e l’essenzialità delle grafiche sono strumenti che, secondo noi, servono a definire un primo approccio a ciò che si andrà ad ascoltare e a rendere chiaro ciò che sta dietro Ebria. Ad oggi abbiamo deciso di adottare un semplice accorgimento grafico per rendere riconoscibili le nostre uscite: un quadrato in copertina che racchiuda la grafica che il singolo artista intende sviluppare e alcune foto poste all’interno del tray visibili accanto alla copertina stessa. In questo modo vogliamo riaffermare l’idea di ricerca che sta dietro al lavoro degli artisti che produciamo, lasciando, tramite le foto, aperto uno spiraglio al lato umano, alle persone che hanno portato alla creazione del prodotto che si ha in mano.
L’unica licenza che ci siamo voluti concedere è il giallo (sempre con grafica minimale) della compilation “BääFest: 1stand2ndyeardiary”, disco che racchiude i brani degli artisti che si sono esibiti in occasione delle prime due edizioni del nostro festival. Il giallo è il colore che abbiamo scelto che identificare il nostro festival; il giallo è, secondo noi, il colore della sperimentazione.


AAJI: I/O è il solo gruppo di cui avete prodotto due album. Fatto isolato e casuale?
Ebria: È un più un fatto casuale che voluto. Siamo costantemente in contatto con gli artisti di cui abbiamo già pubblicato un primo lavoro, il nostro desiderio è quello di poter ripubblicare altri dischi degli stessi artisti, anche se spesso ci vengono sottoposti all’ascolto, da band mai uscite per Ebria, nuovi lavori interessantissimi che ci dispiace non trovino sbocco da altre parti.
Per scelta e per questioni di “bilancio” abbiamo scelto di far uscire pochi dischi (anche per non inflazionare il già sovraccarico mercato musicale), spesso siamo costretti a fare delle scelte escludendo alcuni lavori; forse inconsciamente tendiamo a privilegiare la novità o l’artista sconosciuto o semi-sconosciuto?


AAJI: OvO è programmaticamente un progetto di musica e vita. Quanto è difficile affiancare una coppia che fonde così intimamente vita e musica?
Ebria: In realtà è stato molto semplice. La collaborazione con OvO è nata dall’amicizia con Bruno Dorella e Stefania Pedretti. Il tutto è nato in occasione dell’EbriaFest (antenato del BääFest), allorché chiamammo a suonare OvO in una delle due serate. Possiamo raccontarvi questo aneddoto curioso. Avevamo appena pubblicato il disco omonimo di I/O e ricordiamo che in occasione dell’esibizione degli OvO (fantastici dal vivo) ci siamo detti tar noi “Sarebbe bello collaborare con loro e con Bar La Muerte per far uscire il prossimo disco di Bruno e Stefania”; a distanza di pochi giorni da quel concerto Bruno Dorella ci ha telefonato per chiederci se ci poteva interessare la coproduzione di “Cicatrici”, la nostra risposta è stata entusiasticamente positiva.
Collaborare con artisti che vivono così intensamente il loro fare musica è forse più semplice che in altre occasioni, siamo molto contenti che dopo anni di interminabili tour gli OvO siano stati apprezzati anche all’estero e abbiano trovato un’etichetta importante come la Load Records interessata al loro lavoro.


AAJI: Avete co-prodotto alcuni album con altre etichette indipendenti. Penso al bellissimo "Cicatrici" degli Ovo con Bar La Muerte oppure all'ultima collaborazione dei Tanake in "3ree" con Fratto9UndertTheSky e Nipa Productions. Avete in mente di realizzare ancora altri progetti del genere? Quanto sono importanti per una etichetta come la vostra?
Ebria: La strada delle coproduzioni è importantissima per etichette indipendenti come la nostra per diversi motivi, i principali sono forse due.
Uno: la coproduzione con altre etichette consente di abbattere i costi d’ogni singola uscita, permettendo così ad ogni singola etichetta di poter realizzare più dischi e dare così spazio a più artisti. Due: la collaborazione con un’altra etichetta è un’operazione profondamente relazionale che passa attraverso lo scambio con altre persone (l’artista e chi sta dietro l’altra etichetta), il confronto d’idee, di modalità diverse di lavorare, di promuovere un lavoro. Se interpretata in questo senso, la coproduzione richiede maggior impegno e una mole di lavoro superiore, ma consente anche di crescere attraverso il confronto e lo scambio, nonché di aiutare ogni artista in misura maggiore grazie alla sinergia delle forze messe in gioco.
La collaborazione con Gianmaria Aprile di Fratto9 Under the Sky si è ripetuta, dopo la prima esperienza di “Polytone” degli I/O, anche per “3ree” dei Tanake proprio in virtù dell’ottimo rapporto e delle idee messe a confronto in occasione della prima coproduzione.


AAJI: Desideri e progetti futuri? Il decimo "bronto" a cui sarà affidato?
Ebria: La prossima uscita di Ebria, bronto 010, sarà affidata ai Vonneumann di Roma. Sono un gruppo molto interessante e valido che avevamo avuto modo di conoscere già qualche anno fa. Qualche mese fa hanno sottoposto alla nostra attenzione un interessantissimo lavoro giocato tutto sull’improvvisazione che ci è piaciuto e abbiamo deciso di pubblicare anche grazie al loro impegno attivo dal punto di vista della stampa e produzione. Il disco dei Vonneumenn si svilupperà anch’esso in ambito improvvisativo riuscendo però a distanziarsi sia dalla formula musicale degli I/O, sia da quella dei Tanake, e attestandosi molto sulla rarefazione del concetto di improvvisazione in contrasto con alcuni momenti più sincopati, in cui la ricerca del suono svolge ancora una volta un ruolo determinante. Secondo noi è un disco che merita molta attenzione.
Altri progetti per il futuro: vorremmo portare a termine realizzazione della quinta edizione del BääFest che probabilmente vedrà la luce all’inizio dell’autunno del 2008, senza contare che Ebria Records, nata nel 2003, compie quest’anno 5 anni. Abbiamo in mente di realizzare a Milano un evento/mini-festival musicale di una serata per festeggiare questo nostro traguardo. Per ora non possiamo darvi ulteriori dettagli, se non che si svolgerà con molta probabilità nel mese di luglio. Per avere maggiori informazioni vi possiamo solo consigliare di tenere d’occhio il nostro sito.




2007 - Sands-zine.com
"Special Ebria Records" di Etero Genio


La Ebria Records è una fra le più interessanti nuove etichette indipendenti italiane. Con solo quattro uscite alle spalle, vede la luce proprio in questi giorni la quinta, ha già avuto modo di farsi notare per due co-produzioni insieme ai marchi più amati della scena indipendente italiana: Wallace Records e Bar La Muerte. E che dischi!!!. Insieme a Wallace ha pubblicato l’esordio eponimo degli “Uncode Duello” (Paolo Cantù e Xabier Iriondo) e insieme a Bar La Muerte “Cicatrici” degli OvO. Mi vorrei però concentrare sugli altri due dischi della Ebria, quelli firmati I/O e Nippon & The Symbol, perché coinvolgono gli stessi responsabili dell’etichetta in veste di musicisti. I due collettivi condividono buona parte dei componenti (Andrea Reali, Luca Mauri e Paolo Benzoni) e rappresentano, rispettivamente, gli aspetti più improvvisativo e più compositivo di uno stesso discorso votato all’arte free-form. Quindi si tratta di due lavori complementari, da conoscere entrambi per comprendere qual è l’attitudine reale che anima questo piccolo manipolo di coraggiosi esploratori sonori (allo stesso modo in cui, per comprendere appieno Demetrio Stratos, era necessario conoscere sia la sua produzione con gli Area sia quella solista). La citazione di Stratos non è casuale, dacché la sua ombra traspare più volte in questi due dischi che, nella logica di un’azione volta all’articolazione/disarticolazione del suono e del linguaggio, sembrano dare la preminenza ora al primo (I/O) e ora al secondo (Nippon & The Symbol). Ma dei quattro dischi abbiamo già scritto più approfonditamente in sede di recensione, qui preme soprattutto sottolinearela cura con cui Ebria Records promuove i propri artisti e il proprio lavoro, anche attraverso un festival giuntoquest’anno al traguardo della seconda edizione (terza, se consideriamo la EbriaFest del 2003). È proprio il contesto del BääFest, con il cast allargato a sperimentatori musicali estranei all’etichetta (Giuseppe Ielasi, Sinistri, Zu, Pin Pin
Sugar…), che chiarisce meglio di mille parole lo spirito rinnovatore che anima i responsabili di questo nuovo piccolo miracolo tutto italiano. Ne parliamo con Accursio Graffeo.


La vostra è una delle più giovani etichette indipendenti italiane, quali sono oggi le maggiori difficoltà nell'iniziare un'impresa simile?
I costi di realizzazione dei CD, il calo nell’acquisto di CD da parte del pubblico e il fatto di essere giovani, che in sé implica: inserirsi in un mondo nel quale alcune reti di relazioni e rapporti sono già preesistenti. Il mercato è sempre più ricco (o inflazionato?) di offerte nuove, soprattutto per quanto riguarda le etichette indipendenti. Ad esempio, i principali distributori italiani ci hanno 'chiuso la porta in faccia'… ad oggi Ebria Records sta ancora
lavorando per avere una distribuzione in Italia... Bisogna lavorare ogni giorno per costruirsi una credibilità e per farsi conoscere, considerando che il tempo che dedichiamo ad Ebria Records spesso viene ricavato sottraendo tempo ad altre attività quotidiane… nessuno di noi guadagna alcunché con l’etichetta.


Mi sembra che vi siete dati un modello che io definisco di tipo 'francese', funzionate cioè come una scuderia che assiste i propri musicisti e ne favorisce gli interscambi. Come siete organizzati e cosa offrite, a livello di strutture, ai musicisti che fanno parte dell'etichetta?
L’immagine della scuderia è molto interessante. Ebria Records era nata con l’intento iniziale di promuovere i lavori delle persone che in quel momento ne facevano parte; ne viene di conseguenza che, soprattutto per le pubblicazioni di I/O e Nippon & the Symbol, il coinvolgimento dell’etichetta in tutte le fasi del lavoro fosse totale: registrazioni, mixaggio, post-produzione, realizzazione grafica, stampa, promozione del disco e dei concerti.
In questi casi le stesse persone che facevano parte dei gruppi erano anche coinvolte nell’etichetta. In casi differenti come OvO e Uncode Duello, collaborazioni nate direttamente con i musicisti coinvolti, soprattutto attraverso canali informali quali conoscenza ed amicizia, il lavoro di Ebria non è stato omnicomprensivo come in precedenza, ma orientato maggiormente sul versante promozionale dei due lavori.
Nel caso della recente uscita IOIOI, Ebria è stata esclusa solo dalla prima fase di registrazione, ma è entrata in tutte le altre fasi del lavoro, ciò in virtù della buona relazione personale che si è instaurata con Cristiana Fraticelli (IOIOI). Come etichetta siamo in grado di offrire diversi livelli di supporto ai gruppi: registrazione, mixaggio (per le postproduzioni ci appoggiamo ad uno studio esterno), stampa, promozione del disco, etc. Non ci occupiamo del booking dei gruppi se non vi siamo direttamente coinvolti; questo è un po’ quello che possiamo offrire… Che cosa non possiamo offrire? Come recitato nel nostro ‘manifesto’: non siamo in grado di offrire prospettive di guadagno e/o successo a chiunque volesse collaborare con noi.


Un'altra particolarità della Ebria sta nell'aver battuto la strada delle co-produzioni. Vantaggi, svantaggi e difficoltà?
La prima co-produzione di Ebria Records è nata dalla collaborazione ‘concertistica’ e dall’amicizia con gli OvO; è stato tutto molto naturale. Quella delle co-produzioni è una via che ci ha affascinato sin da subito, sia per la possibilità di collaborare con altri gruppi e artisti che apprezziamo molto, sia per la possibilità di ampliare il raggio di azione della nostra etichetta. È una strada che presenta vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi vi sono: la riduzione dei costi di pubblicazione di ogni titolo, una maggiore diffusione delle proprie pubblicazioni e l’ampliamento dei contatti con le agenzie promozionali, ma anche l’idea che Ebria possa far parte di un tessuto social-musicale che si viene a creare nel momento in cui più realtà interagiscono tra di loro. Come svantaggi principali vi sono senz’altro il fatto che sovente l’etichetta più giovane (Ebria in questo caso) assuma in alcuni casi un ruolo marginale, soprattutto nei confronti di chi ancora non ci conosce o ci conosce poco.


Secondo voi la musica italiana di qualità riceve un'adeguata promozione?
La risposta più immediata potrebbe essere no; la cosa che più ci incuriosisce è sentire dire che spesso l’Italia non offre spunti interessanti, nulla di innovativo, etc. Questo soprattutto dalla critica. Si ha quasi la sensazione che questo fatalismo rispetto alla musica italiana sia da anni ormai parte del DNA italico. Forse non vi è un’adeguata valorizzazione di ciò che l’Italia offre… è pur sempre vero che per quanto riguarda la musica, soprattutto in ambito rock, viviamo di luce riflessa (ovviamente parlo di musica ‘indipendente’), ma penso che valga la pena dedicare attenzione alle diverse ‘scene’ che si muovono e animano la nostra penisola. Ci sono molti gruppi italiani validi; il primo che mi viene in mente, i Sinistri (ex Starfuckers), se fossero stati
stranieri avrebbero ricevuto un più adeguato trattamento, dopo una così lunga carriera.


Parlando con molti musicisti ho avuto l'impressione che preferiscano pubblicare su etichette estere perché pensano che pubblicare su un'etichetta italiana equivalga a rinchiudersi nel circuito nazionale, voi cosa ne pensate?
Uhm… negli anni ’70 molti gruppi italiani, soprattutto dell’area prog e dintorni, erano costretti a rivolgersi all’estero perché non presi in considerazione nel nostro paese; oggi molti italiani scelgono di rivolgersi alle etichette straniere. Che meccanismi curiosi… Provo a pensare ad un gruppo come gli Zu che è pubblicato da Wallace e che regolarmente ogni anno effettua lunghi tour all’estero e ha collaborato con grandi musicisti internazionali; penso, inoltre, ad un gruppo come gli OvO (Bar La Muerte) che nell’ultimo anno è stato in tour per quasi tre mesi negli USA e in Messico (questi solo per citare i primi
due esempi che mi sono venuti in mente). No… non credo che sia così influente questo fattore, forse può essere più complicata l’apertura all’estero, ma ci sono validi esempi che attestano quanto in realtà sia possibile.


Non è che le etichette indipendenti italiane fanno veramente troppo poco per promuovere i loro musicisti all'estero (prendendo come paragone ciò che fanno le etichette estere per promuovere i loro musicisti in Italia)?
Forse in parte è vero… ma ti assicuriamo che è già molto difficile avere attenzione in Italia e forse si potrebbe avere maggiore credibilità all’estero se nel paese di provenienza vi fosse già. È anche vero che le tendenze cambiano e ci sembra di notare che anche le etichette indipendenti italiane stiano
dedicando maggiore attenzione alla promozione all’estero. Per quanto riguarda Ebria Records abbiamo ricevuto buone attenzioni anche all’estero e pensiamo che non vi sia un così grande disinteresse per le cose che provengono dal nostro paese.


La strada delle co-produzioni, per esempio, non potrebbe essere sperimentata più frequentemente anche con etichette non italiane?
Ebria Records ha già sperimentato qualcosa di simile in occasione della pubblicazione di OvO insieme a Bar La Muerte. In quell’occasione due etichette statunitensi (Radon e SunShip Records) hanno contribuito, anche economicamente, offrendosi come distributori per il disco negli USA. Certo è una strada molto affascinante, anche perché ti consente di conoscere altre realtà sparse per il mondo e ti consente di costruire un’interessante rete di relazioni in diversi paesi. Pensiamo che sia una buona strada da percorrere, ma che debba passare attraverso la conoscenza e una rete relazionale.
Tornando un po’ a due domande fa… questa potrebbe essere una buona soluzione per valorizzare (‘per far fare il grande salto’) i gruppi italiani, senza relegare in secondo piano le etichette italiane, e senza precludere la tanto agognata apertura al di fuori dell’Italia… scacciando così il mostro del ‘circuito nazionale’.


So che sta per uscire il disco di IOIOI (che intervisto a parte), avete altre cose già definite in programma?
Sì… in ordine cronologico vi saranno: il disco di IOIOI (uscito da pochi giorni), la seconda edizione del BääFest il 12 e 13 giugno a Milano. Per quanto riguarda le altre uscite in programma stiamo per realizzare il disco de La Bestia Pensante, trio con doppia batteria, flauto/chitarra, che vede tra le sue fila Tiziano Tononi, batterista free molto noto sia in ambito nazionale che internazionale.
Inoltre vi sarà la realizzazione del disco di Echran, un duo elettronico tra Suicide e Panasonic...




2007 - Sands-zine.com
"Intervista Sands-zine" di Etero Genio


1) La vostra è una delle più giovani etichette indipendenti italiane, quali sono oggi le maggiori difficoltà nell'iniziare un'impresa simile?
I costi di realizzazione dei CD, il calo nell’acquisto di CD da parte del pubblico e il fatto di essere giovani, che in sé implica: inserirsi in un mondo nel quale alcune reti di relazioni e rapporti sono già preesistenti. Il mercato è sempre più ricco (o inflazionato?) di offerte nuove, soprattutto per quanto riguarda le etichette indipendenti. Ad esempio, i principali distributori italiani  ci hanno “chiuso la porta in faccia”… ad oggi Ebria Records sta ancora lavorando per avere una distribuzione in Italia... Bisogna lavorare ogni giorno per costruirsi una credibilità e per farsi conoscere, considerando che il tempo che dedichiamo ad Ebria Records spesso viene ricavato sottraendo tempo ad altre attività quotidiane… nessuno di noi guadagna alcunché con l’etichetta.


2) Mi sembra che vi siete dati un modello che io definisco di tipo'francese', funzionate cioè come una scuderia che assiste i propri musicisti e ne favorisce gli interscambi. Come siete organizzati e cosa offrite, a livello di strutture, ai musicisti che fanno parte dell'etichetta?
L’immagine della scuderia è molto interessante. Ebria Records era nata con l’intento iniziale di promuovere i lavori delle persone che in quel momento ne facevano parte; ne viene di conseguenza che, soprattutto per le pubblicazioni di I/O e Nippon & the Symbol, il coinvolgimento dell’etichetta in tutte le fasi del lavoro fosse totale: registrazioni, mixaggio, post-produzione, realizzazione grafica, stampa, promozione del disco e dei concerti. In questi casi le stesse persone che facevano parte dei gruppi erano anche coinvolte nell’etichetta. In casi differenti come OvO e Uncode Duello, collaborazioni nate direttamente con i musicisti coinvolti, soprattutto attraverso canali informali quali conoscenza ed amicizia, il lavoro di Ebria non è stato omnicomprensivo come in precedenza, ma orientato maggiormente sul versante promozionale dei due lavori. Nel caso della recente uscita IOIOI, Ebria è stata esclusa solo dalla prima fase di registrazione, ma è entrata in tutte le altre fasi del lavoro, ciò in virtù della buona relazione personale che si è instaurata con Cristiana Fraticelli (IOIOI). Come etichetta siamo in grado di offrire diversi livelli di supporto ai gruppi: registrazione, mixaggio (per le post-produzioni ci appoggiamo ad uno studio esterno), stampa, promozione del disco, etc. Non ci occupiamo del booking dei gruppi se non vi siamo direttamente coinvolti;  questo è un po’ quello che possiamo  offrire… Che cosa non possiamo offrire? Come recitato nel nostro “manifesto”: non siamo in grado di offrire prospettive di guadagno e/o successo a chiunque volesse collaborare con noi.


3) Un'altra particolarità della Ebria sta nell'aver battuto la strada delle co-produzioni. Vantaggi, svantaggi e difficoltà?
La prima co-produzione di Ebria Records è nata dalla collaborazione “concertistica” e dall’amicizia con gli OvO; è stato tutto molto naturale. Quella delle co-produzioni è una via che ci ha affascinato sin da subito, sia per la possibilità di collaborare con altri gruppi e artisti che apprezziamo molto, sia per la possibilità di ampliare il raggio di azione della nostra etichetta. È una strada che presenta vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi vi sono: la riduzione dei costi di pubblicazione di ogni titolo, una maggiore diffusione delle proprie pubblicazioni e l’ampliamento dei contatti con le agenzie promozionali, ma anche l’idea che Ebria possa far parte di un tessuto social-musicale che si viene a creare nel momento in cui più realtà interagiscono tra di loro. Come svantaggi principali vi sono senz’altro il fatto che sovente l’etichetta più giovane (Ebria in questo caso) assuma in alcuni casi un ruolo marginale, soprattutto nei confronti di chi ancora non ci conosce o ci conosce poco.


4) Secondo voi la musica italiana di qualità riceve un'adeguata promozione?
La risposta più immediata potrebbe essere no; la cosa che più ci incuriosisce è sentire dire che spesso l’Italia non offre spunti interessanti, nulla di innovativo, etc. Questo soprattutto dalla critica. Si ha quasi la sensazione che questo fatalismo rispetto alla musica italiana sia da anni ormai parte del DNA italico. Forse non vi è un’adeguata  valorizzazione di ciò che l’Italia offre… è pur sempre vero che per quanto riguarda la musica, soprattutto in ambito rock, viviamo di luce riflessa (ovviamente parlo di musica “indipendente”), ma penso che valga la pena dedicare attenzione alle diverse “scene” che si muovono e animano  la nostra penisola. Ci sono molti gruppi italiani validi; il primo che mi viene in mente, i Sinistri (ex Starfuckers), se fossero stati stranieri avrebbero ricevuto un più adeguato trattamento, dopo una così lunga carriera.


5) Parlando con molti musicisti ho avuto l'impressione che preferiscano pubblicare su etichette estere perché pensano che pubblicare su un'etichetta italiana equivalga a rinchiudersi nel circuito nazionale, voi cosa ne pensate?
Uhm… negli anni ’70 molti gruppi italiani, soprattutto dell’area prog e dintorni, erano costretti a rivolgersi all’estero perché non presi in considerazione nel nostro paese; oggi molti italiani scelgono di rivolgersi alle etichette straniere. Che meccanismi curiosi... Provo a pensare ad un gruppo come gli Zu che è pubblicato da Wallace e che regolarmente ogni anno effettua lunghi tour all’estero e ha collaborato con grandi musicisti internazionali; penso, inoltre, ad un gruppo come gli OvO (Bar La Muerte) che nell’ultimo anno è stato in tour per quasi tre mesi negli USA e in Messico (questi solo per citare i primi due esempi che mi sono venuti in mente). No… non credo che sia così influente questo fattore, forse può essere più complicata l’apertura all’estero, ma ci sono validi esempi che attestano quanto in realtà sia possibile.


6) Non è che le etichette indipendenti italiane fanno veramente troppo poco per promuovere i loro musicisti all'estero (prendendo come paragone ciò che fanno le etichette estere per promuovere i loro musicisti in Italia)?
Forse in parte è vero… ma ti assicuriamo che è già molto difficile avere attenzione in Italia e forse si potrebbe avere maggiore credibilità all’estero se nel paese di provenienza vi fosse già. È anche vero che le tendenze cambiano e  ci sembra di notare che anche le etichette indipendenti italiane stiano dedicando maggiore attenzione alla promozione all’estero.Per quanto riguarda Ebria Records abbiamo ricevuto buone attenzioni anche all’estero e pensiamo che non vi sia un così grande disinteresse per le cose che provengono dal nostro paese.


7) La strada delle co-produzioni, per esempio, non potrebbe essere sperimentata più frequentemente anche con etichette non italiane?
Ebria Records ha già sperimentato qualcosa di simile in occasione della pubblicazione di OvO insieme a Bar La Muerte. In quell’occasione due etichette statunitensi (Radon e SunShip Records) hanno contribuito, anche economicamente, offrendosi come distributori per il disco negli USA. Certo è una strada molto affascinante, anche perché ti consente di conoscere altre realtà sparse per il mondo e ti consente di costruire un’interessante rete di relazioni in diversi paesi. Pensiamo che sia una buona strada da percorrere, ma che debba passare attraverso la conoscenza e una rete relazionale. Tornando un po’ a due domande fa… questa potrebbe essere una buona soluzione per valorizzare (“per far fare il grande salto”) i gruppi italiani, senza relegare in secondo piano le etichette italiane, e senza precludere la tanto agognata apertura al di fuori dell’Italia… scacciando così il mostro del “circuito nazionale”.


8) So che sta per uscire il disco di IOIOI (che intervisto a parte), avete altre cose già definite in programma?
Sì… in ordine cronologico vi saranno: il disco di IOIOI (uscito da pochi giorni), la seconda edizione del BääFest il  12 e 13 giugno a Milano. Per quanto riguarda le altre uscite in programma stiamo per realizzare il disco de La Bestia Pensante, trio con doppia batteria, flauto/chitarra, che vede tra le sue fila Tiziano Tononi, batterista free molto noto sia in ambito nazionale che internazionale. Inoltre vi sarà la realizzazione del disco di Echran, un duo elettronico tra Suicide e Panasonic…




2007-07-06 - Rocklab.it
"Ebria Records" di Giorgio Pace
(Scritto a quattro mani con Daniele Guasco)


Chi, che cosa: Ebria Records nasce nel 2003, in provincia tra Milano e Como, da un’idea di quattro persone, legate dall’amicizia e dalla comune passione per la musica.
Perché: nasce dal desiderio di registrare, produrre e diffondere le musiche di ricerca ed esplorare i territori intorno ad esse. Il nostro intento è quello di riuscire a pubblicare materiali nei quali si avverta una particolare attenzione alla ricerca sul suono, anche a prescindere dai diversi generi musicali.
Come: è una no copyright e no profit label. Nel nostro lavoro per l’etichetta investiamo tempo, fatica, etc., ne ricaviamo la possibilità di diffondere e condividere le nostre idee musicali (ma non solo). Non siamo in grado di offrire a chiunque volesse collaborare con noi contratti e/o prospettive di successo o guadagno, etc. 
Dal manifesto programmatico pubblicato nel sito www.ebriarecords.com. 


Il metodo più veloce per capire i punti di snodo dell’esperienza Ebria è essenziale e senza ombra di dubbio partecipare al BääFest, ovvero la diretta emanazione live del lavoro di questa etichetta di stanza tra Milano e Como. Di fronte all’eventuale impossibilità della cosa (forzata soprattutto, se nel momento in cui si scrive effettivamente del festival ancora non c’è traccia), in prospettiva basterebbe prendere tra le mani il resoconto BääFest: 1stand2ndyeardiary, ovvero il piccolo diario in cd delle edizioni precedenti per trovarsi di fronte l’evidenza: Tasaday, OvO, Pin Pin Sugar, Freetto Mesto, Chuck Norris Zen Solution Ensemble, Zu, Sinistri, I/O, Tanake, IOIOI, Anatrofobia, Allun, Bron y Aur, Ben-za!, Uncode Duello, La Bestia Pensante, One By One We Are All Becoming Shades. Al di là della sterile elencazione nominativa, siamo davanti a praticamente metà (forse meno, ma non è questo l’importante) della scena cosidetta sperimentale in Italia, se non contiamo poi il fatto che Ebria stessa funziona da etichetta presso la quale sono usciti Uncode Duello, I/O ed Echran, da distributore e soprattutto organizzatore di manifestazioni/festival/incontri/concerti, che verranno trattati all’interno di questo articolo. Quello che si vorrebbe dimostrare con questo sproloquio è che effettivamente Ebria rappresenta una sorta di faro, insieme a poche altre etichette italiane, un progetto che è riuscito a crearsi e creare una certa visibilità ad un ambiente musicale che da sempre, per sua volontà e soprattutto per sua stessa natura, è rimasto in ombra. Estetica ImproFreeMinimalCore, ma sguardo rivolto ormai a realtà attigue (ne è la prova la partecipazione di William Parker all’edizione presente del BaaFest), la Ebria nell’arco di pochi anni ha prodotto molte delle sorprese di un mercato che è costretto a trovare vie di fuga all’estero, ha tenuto collaborazioni con le altri grandi perdenti del mercato italiano (Fratto9 Under The Sky che di solito organizza il Tago Fest, Bar La Muerte) e ha sensibilizzato gli ascoltatori verso forme sonore non convenzionali attraverso rassegne curate per lo più dagli stessi musicisti ai quali viene affidata la direzione artistica. Non diamo connotazioni salvifiche all’etichetta, ma è innegabile che il suo contributo alla diffusizione popolare (attenzione) di lavori e artisti impegnati nell’altra faccia della musica sia decisamente alto. 


BaaFest e RA.ME.MU.N.CO.


La Ebria si è rivelata in questi anni di attività non solo etichetta capace di scoprire e proporre alcune delle realtà più interessanti e convincenti del panorama musicale sperimentale italiano attraverso i suoi dischi, ma anche organizzatrice di uno dei festival più sorprendenti e stimolanti nello scenario degli eventi musicali estivi italiani: il BääFest. 
Attraverso questa manifestazione, che quest'anno intende arrivare alla sua quarta esperienza, la Ebria è infatti riuscita a dare spazio e voce non solo ai gruppi che vanno a comporre il suo catalogo, ma anche ad alcune delle esperienze musicali più sorprendenti ed affascinanti tra quelle che provano ad emergere, o sono già emerse, nel nostro paese, riuscendo a proporre negli anni gruppi già noti come gli Zu o gli Anatrofobia al fianco di nuove entusiasmanti realtà, come gli Airchamber 3 e gli A spirale, ai quali negli ultimi due anni si sono affiancati anche musicisti stranieri del calibro di Damo Suzuki e Wu Fei. 
L'importanza di un evento simile risiede però nella possibilità che viene data al pubblico di conoscere questi gruppi e di sentirli senza alcun freno creativo, arrivando così a contatto con coloro che hanno realmente qualcosa di nuovo, insolito e personale da dire con la loro musica. 
Per quanto comunque possa tesserne le lodi non ho mai partecipato come pubblico a un BääFest: le parole però di chi vi ha preso parte calcandone il palco non possono che lasciarmi ancora più convinto della sua importanza. “Penso che sia uno dei pochi festival di musica "improvvisata" e "sperimentale" che ci sia in Italia, oltre che l'unico nel suo genere e quindi non esclusivamente dedicato a nomi esteri, etc...anzi spesso la priorità bene o male è andata alle primizie sotto casa. Con gli Airchamber 3 ci abbiamo suonato perchè siamo amici di alcuni della Ebria e credo anche perchè avendoci visti al Garibaldi gli eravamo piaciuti (almeno lo suppongo). Purtroppo abbiamo suonato in una posizione infame visto che c'erano i mondiali ed era la sera del debutto dell'Italia, con noi c'era poca gente ma dopo la fine delle partite ovviamente si è riempito. Non posso che pensare bene dell'iniziativa, il livello dei gruppi mediamente è elevato, il festival è ben organizzato ed essendo organizzato da gente che suona bene o male ti vengono incontro. So che quest'anno stanno avendo dei problemi a trovare il posto per organizzarlo ma spero che ci riescano dato che uno dei pochi festival che vado a vedere volentieri (...de gustibus).”. Queste ad esempio sono le esaustive parole di Andrea Ferraris, chitarrista degli alessandrini Airchamber 3; Matteo dei Chuck Norris Zen Solution: “ BääFest è un'iniziativa lodevole e importante per una certa scena italiana, trasversale e troppo rumorosa per i circuiti dei locali. Un'occasione importante per scontrarsi con muri di produzioni mal o del tutto non distribuite e per avere il piacere di scoprirsi persone vere, per socializzare. Ammetto di essere tuttora stupito per la grande attenzione con cui vengono selezionati i gruppi, non solo tra i più visibili sulle riviste ma anche tra quelli più nascosti. Parallelamente all'ottimo lavoro fatto con Ebria, credo ci sia solo da lanciarsi in lodi sperticate. Speriamo che le loro iniziative proseguano ancora a lungo!”. Un'altra possibilità che mi viene data di avvicinarmi meglio all'attività del BääFest mi viene data dall’ottima compilation che raccoglie le testimonianze dei gruppi intervenuti nelle prime due edizioni del festival. Tra inediti e registrazioni live il piccolo cd giallo che s’introduce nello stereo riesce ad essere fragorosa testimonianza di molte tra le più interessanti proposte musicali sperimentali italiane, evidenziando sia le proposte più rumorose e soniche, che quelle più tranquille e rilassate. 
Più che di un semplice disco si tratta di un vero e proprio documento, un riassunto ad uso e consumo dell'ascoltatore, il quale si trova così faccia a faccia con le irruenze espressive di questi artisti, risultati creativi che difficilmente possono lasciare impassibile l'ascoltatore attento. Vere e proprie delizie le registrazioni live di gruppi già ben conosciuti come Zu, Uncode Duello e Anatrofobia, si accompagnano a scoperte veramente sorprendenti come il groove irresistibile del jazz dei Freeto Meesto, o il calore oscuro delle note dei Ben-za!. 
Il BääFest risulta quindi essere non solo un’ottima proposta di musica dal vivo, ma anche un’inestimabile risorsa per scoprire entusiasmanti artisti italiani che difficilmente trovano spazio nei normali canali di informazione, una ricchezza unica da sfruttare e coltivare allo stesso momento. 


Quest'anno la manifestazione si sposta all'Ortosonico di Pavia, il 7 e l'8 di luglio, e vedrà avvicendarsi sul palco artisti del calibro dell'americano William Parker e del neozelandese Dean Roberts, senza contare le ottime proposte italiane in programma quali ad esempio I/O, Nicola Ratti e Andrea Belfi, il tutto a testimoniare una scelta di campo che dopo due anni si allontana gradualmente dalle pulsazioni minimaliste care all’etichetta. 


Le proposte live della Ebria non si fermano però al solo appuntamento annuale del BääFest; altra interessantissima iniziativa è Ra.me.mu.n.co. (sigla di Rassegna mensile musicale non convenzionale), una serie di concerti che si svolgono settimanalmente nell'arco di un mese organizzati con la complicità di Mondovisione soc.coop., manifestazione capace anch'essa di approfondire o far conoscere alcune delle migliori realtà musicali italiane odierne. 
La particolarità che rende speciale Ra.me.mu.n.co. risiede invece nella sua organizzazione, affidata di volta in volta alle cure di artisti selezionati dalla Ebria, che, oltre ad esibirsi, sceglieranno gli altri musicisti che prenderanno parte alle serate. 
Attraverso questo sistema personaggi di spicco del panorama indipendente italiano come Bruno Dorella (Bar La Muerte, Ovo, Ronin, Bachi Da Pietra...), Mirko Spino (Wallace Records) o Andrea Marutti (Afe, Amon...) possono far sentire attraverso un filo unico che collega quattro concerti, quello che secondo loro meglio rappresenta le migliori idee che circolavano nel nostro paese a cavallo tra il 2005 e il 2006. 
Ra.me.mu.n.co. rappresenta sicuramente un'altra lodevole iniziativa dei ragazzi della Ebria, capaci di non limitarsi unicamente alle sole uscite discografiche nel dare voce alle migliori proposte musicali sperimentali italiane. 


I Dischi


I/O
Nella coraggiosa proposta discografica delle Ebria, una scommessa sicuramente vinta è quella che puntava sugli I/O, quartetto dedito all'improvvisazione minimalista capace di dare alle stampe nel giro di quattro anni due album tanto diversi quanto interessanti. 
L'esordio omonimo, pubblicato nel 2003, è un disco ruvido, spigoloso, le intuizioni degli I/O si muovono su terreni acidi e brulli, dando però alla musica una fortissima personalità. Il quartetto chiarisce sempre come all'interno dei loro dischi non siano presenti sovra-incisioni, per catturare al meglio il flusso creativo in vista di una decostruzione della “forma sonora”. Nel loro primo album la ricerca su armonia e contrasto nel rapporto tra i suoni è perfettamente riuscita, le conclusioni cui arrivano sanno essere tanto stupefacenti quanto trascinanti per l'ascoltatore. 
L'unico difetto di questo primo disco sta però nel suo essere un “prodotto di nicchia”, una musica non certo accessibile a chiunque, problema risolto con il recentissimo ‘Polytone’
Il secondo album degli I/O riesce infatti a raccogliere il flusso creativo -il pulsare- della band in maniera più completa dando vita a un risultato veramente unico. Le tracce che lo compongono diventano più coinvolgenti grazie ad una sorprendente vitalità, al perfetto alternarsi di luci ed ombre. ‘Polytone’ è un lavoro semplicemente emozionante, un'improvvisazione perfetta, trascinante per l'ascoltatore che viene totalmente coinvolto. Grazie a questo lavoro gli I/O si impongono come una delle realtà più affascinanti e particolari del panorama musicale sperimentale italiano, una proposta intelligente e piena di spunti, da seguire con attenzione e stupore. 


Nippon & the Symbol
Con il progetto Nippon & the symbol scendono in campo mettendosi in gioco i responsabili stessi dell'etichetta (Accursio Graffeo alla chitarra e Andrea Reali alla voce), dando vita insieme ad altri musicisti a un ben riuscito connubio tra musica, letteratura e teatro. All'interno di ‘Universobangorfeo’, infatti, si supera il reading per arrivare a una recitazione vera e propria di brani di Calvino, Campana e Buzzati, il tutto adagiato su un tappeto di suoni tra il jazz, l'improvvisazione e la sperimentazione. 
Nonostante si tratti di un progetto legato principalmente alla performance live, il disco dei Nippon & the sybol si rivela un ascolto interessante, capace di dare il giusto peso sia alle parole, alle storie raccontate, che alla musica capace di veicolare l'attenzione sui punti focali dei brani, risultato di un connubio ben riuscito sia tra i musicisti che tra le diverse forme artistiche messe in campo. 


Echran
Fabio Volpi e Davide Del Col, rispettivamente Otolab e Ornaments, una lunga sfilza di collaborazioni e agitazioni nei luoghi del dark ambient e della sperimentazione audio-visual, una collaborazione Ebria e Small Voices (che tra Z’Ev e Kinetix e Maurizio Bianchi la dice lunga..) e a detta di molti un disco che è per lo più LA sorpresa italiana del 2005. Dalle parti di un’elettronica appestata e malata il disco di Echran si muove poi verso scenari dissociati che hanno del magnifico: la loro è una ricerca dell’ossessione richiamata da decine di loop seriali che scandiscono un passo tanto marziale quanto crepuscolare, un suono dilatato e folle che affonda le radici tanto nell’estetica e della paranoia della filmografia di Tarkovskj (per non citare certi Suicide nella scarnificazione ossessiva dei ritmi) quanto nelle microimplosioni technoidi e lisergiche dei Pan Sonic mentre una voce recitante in francese rielabora la percezione del disco, donando al tutto un distacco necessario e disumano, pura descrizione dello stesso al di là dell’effettivo inserimento nell’impianto (a)melodico. Una meraviglia. 


IOIOI
Il suono dell’immobilità. Musica che non vuol dire un cazzo e neanche lo deve dire, musica per musica che finisce in musica come un grande discorso sul niente e senza alcuna via d’uscita. Un suono che parte già schiantandosi, senza nessun possibilità; la gioia innocente della partenza a razzo, a cazzo. IOIOI sembra non porsi nessuna meta, anzi celebra l’autismo più assoluto. Nella sua citazione del film di Kurasawa (“Bright Future”), alla domanda “andare o attendere” Cristina Fraticella risponde che probabilmente si può partire alla ricerca di qualcosa (e quindi attendere) o si può attendere di partire. Ed è tutta nel pezzo che dà il nome al disco l’estetica di un suono che non si alza mai da terra, tantomeno esce mai dal limbo. Nel mezzo: nervosismi di chitarra, grandi schianti di percussioni, Giappone, funk strozzati e una voce distrutta, devastata, scomposta (e anche qualche bel momento di bruttezza prepotente). “Il futuro è un gioco, si è qui in queste condizioni, non si sceglie nulla, si può solo giocare come un bambino.”




2007 - Sands-zine.com
"BääFest 4" di Andrea Ferraris


Identificare il BääFest è molto semplice, come lo è inquadrarlo anche per chi non lo conoscesse, nel giro di quattro anni è diventato “IL” festival dedicato all’improvvisazione, alla musica sperimentale ed a quella elettroacustica. Se vi fosse capitato di leggere il resoconto dettagliato che Sands-zine ha fatto in merito all’edizione dello scorso anno, immagino sappiate già quanto la manifestazione sia più che mai singolare se non unica nel suo genere, soprattutto in Italia. Se, nella migliore tradizione nostrana, quello che serve sono le credenziali, la lista dei partecipanti alle prime tre edizioni suona quasi come una mappatura ed un “who’s who” di nomi noti e non in seno alla musica di ricerca/non convenzionale. Pur mal sopportando gli elenchi credo che in questo caso dica molto più di ciò che sarei in grado di dire con fiumi di parole, quindi giudicate voi: Sinistri, Zu, I/O, Damo Suzuki’s network, Tanake, A Spirale, Sedia, Wu Fei, Ovo, Andrea Marutti, Pin Pin Sugar, Chuck Norris Zen Solution Ensemble, Freetto Meesto, Tasaday, Allun, Bron Y Aur, Giuseppe Ielasi, IOIOI, Uncode Duello, ¾ Had Been Elinated, Echran, Sedia, Bachi da Pietra, Airchamber 3, Scum.
Sviluppandosi come prolungamento dell’attività imperturbabile e martellante della Ebria Records, il BääFest ha catalizzato l’attenzione di molti appassionati ed offerto la possibilità a molti gruppi, che normalmente sono “fuori contesto” o più semplicemente “fuori”, di nuotare almeno per una volta in acque amiche. A suggellare il lavoro fatto fino ad ora, per altro, la Ebria ha assemblato un sampler che a mo’ di memorandum contiene un pezzo per ogni partecipante alle prime due edizioni, la raccolta fornisce un buono spaccato di tecnica, bizzaria e pura e semplice devastazione mentale. Potremmo quasi dire che i Bää, in piccolo, potrebbero realizzare l’impossibile sogno di unire la Rer, l’Atavistic e la Skin Graft nell’organizzazione di un unico “impossibile” festival.
L’associazione fra Bää e Stecca degli Artigiani sembrava un connubio ormai inattaccabile come quello fra Hanna e Barbera, ma la forza degli eventi rimette costantemente le carte in gioco, tanto che dopo la dipartita della Stecca il Bää riemerge nel pavese, fra le risaie, in quell’Ortosonico che negli ultimi anni ha regalato una cornice agro-freak per una quantità sterminata di concerti.
Ebria, costantemente assorbita in una lenta ma inesorabile spinta alla ridefinizione ha collaborato con la distribuzione Jazz Today per regalare una scaletta da “novelle cuisine”. Credete che esageri? Allora provate a dirmi voi dove altro potrebbe capitarvi di vedere sullo stesso palco un vecchio leone come William Parker e degli avant kraut-freakettoni come gli Å, quel Fausto Balbo che qualcuno forse ricorderà per i trascorsi punk/industriali con Jesus Went to Jerusalem e Der Tod ed in fine i groove zoppi degli I/O, due membri dei quali sono l’Ebria stessa. Se tutto ciò non fosse ancora sufficiente, che dire di una domenica in prevalenza acustica ed a base di gente come il “Kranky-Mille Plateux” decorato Dean Roberts, il mai troppo osannato e nostranissimo Ielasi, quell’Andrea Belfi che, oltre ad occuparsi dei ritmi nei Rosolina Mar, si è concesso il lusso di uscire su Häpna, il Nicola Ratti ex Pin Pin Sugar, ed ora solista, e dei giovani esordienti come i Nung. Che si tratti di un festival “per molti ma non per tutti” è fin troppo chiaro a partire dalla proposta e la ricerca di “modi altri” di suonare oltre che di una identità è encomiabile in un momento in cui il mercato è sempre più sovraffollato di cloni a basso costo di gruppi anni Settanta/Ottanta/Novanta e in un’epoca di suono “cool” il cui spessore resta molto al di sotto del quarto d’ora di esposizione prospettato da Warhol.
La scommessa di quest’anno sta nel vedere se la provincia sia ricettiva ad una manifestazione che solitamente si ha la fortuna di poter vedere solo nei grossi centri urbani. Tutto questo senza l’aiuto di nessuna pro-loco e senza soldi dello Stato, tanto da poter quasi parlare di “miracolo italiano” in tempi dove se va bene si può parlare di italiani miracolati. Decisamente “No New York…” vista la dimensione locale ma anche “no nothing”, visto che non si può propriamente parlare di un circuito di riferimento soprattutto in Italia, tanto da creare il paradosso di un Paese gravido di musicisti sperimentali ed improvvisatori (che sempre spesso per altro approdano su etichette estere più o meno conosciute) ma con un mercato di riferimento nazionale poco ricettivo e più che mai frammentato. Nel testo che ha reso celebre Bailey tanto da farlo assurgere al ruolo di Mosè (o di Giuda?) della pratica improvvisativa, il buon Derek parlava di improvvisazione “idiomatica” e “non idiomatica” a seconda del suo inserimento o no all’interno di un genere specifico come, ad esempio, nel caso in cui si tratti di jazz; se allargassimo il discorso oltre l’improvvisazione potremmo dire che il Bääfest sia un ottimo esempio di come pur avendo un’idea specifica della fisionomia di ciò che si vuole fare non si finisce obbligatoriamente per farlo in modo “idiomatico”.
Bailey fra le risaie…liscio o con ghiaccio.




2007 - Sands-zine.com
"La compilation" di Etero Genio


In occasione della terza edizione del BääFest è stata presentata la raccolta “1st And 2nd Year Diary” che raccoglie i contributi, un brano a testa, di quelli che sono stati i protagonisti delle prime due edizioni della rassegna. A dire il vero sono rimasti esclusi, per motivi tecnici, Giuseppe Ielasi e Damo Suzuki ma ci sono pur sempre 17 nomi, fra gruppi e musicisti singoli, per un totale di oltre 71 minuti di musica (date un occhio numeri e ditemi se il caso non ha voluto una combinazione curiosa!!!!!!!!). Innanzi tutto va detto che i presenti rispondono più o meno tutti al leit motiv della rassegna che recita ‘festival musicale impro free minimal core’, chi più chi meno impro, chi più chi meno free, chi più chi meno minimal e chi più chi meno core. Si tratta di alcuni dei musicisti più conosciuti all’interno del circuito indipendente nazionale, almeno per quanto riguarda un cero tipo di sperimentazione, e quindi è quasi inutile soffermarsi più di tanto sul mood dei singoli brani, in linea di massima più che buoni, quanto svelarne la genesi, dal momento che si tratta di inediti di studio o di registrazioni dal vivo.
Solo una piccola parte delle registrazioni sono state effettuate durante le due edizioni del BääFest, ed inizierei con il citare proprio queste dal momento che sono le più ‘pertinenti’ alla raccolta: Mi prenderò cura di te degli Anatrofobia e Investigazione 1: Esperimento de La Bestia Pensante. I primi si producono in un brano ricco di raffinatezze, di cambi d’atmosfera e di riprese, fra richiami progressive e arti minimali (si avvertono echi dei Van Der Graaf e, qualcuno inorridirà, delle Orme). La Bestia Pensante mi fa pensare, scusate il gioco di parole, alle nevose progressioni di alcune delle numerose accoppiate chitarra-batteria che oggi si vedono in giro (un nome su tutti: Moha!, a breve la recensione), con la particolarità che nel loro caso la batteria è raddoppiata da un secondo elemento; il trio doveva pubblicare un intero lavoro su Ebria, ma pare che il progetto sia andato in fumo.
Ed ora passo alle altre registrazioni dal vivo presenti nella raccolta. Il colore del melograno dei Tasaday è un ‘noir’ proveniente da tre concerti dati al Bloom nel Settembre 2004. Arbol de la esperanza mantente firma degli Zu, non sarò certo io a dire qualcosa di nuovo sulla loro esplosiva miscela free-core, è stato registrato in un locale di Kansas City. Untitled degli Uncode Duello, brano lento e malsano segnato soprattutto dal devastante drumming di Cristiano Calcagnile, è stato registrato nel Gennaio 2005 all’Interzona di Verona.
Questo per quanto riguarda le registrazioni dal vivo, mentre le registrazioni di studio si dividono fra quelle effettuate specificatamente per questo CD negli studi della Ebria ed altre provenienti da varie sessioni di studio o domestiche. Sicuramente domestica è You, Rebecca and Me (un montaggio di liquide bande chitarristiche e suoni concreti) di One by One We Are All Becoming Shades, che a me risultano essere un duo composto da una metà dei Deep End mentre in questa occasione compare soltanto Enrico Brunoldi in veste di one man band. Questa è anche la registrazione più recente, risale infatti alla primavera del 2006. Tipicamente casalinga, nel senso migliore del termine, mi sembra essere anche Iki di IOIOI, piccola peste che agisce sempre sulla linea del fuorigioco pronta a scattare e, se non si fa più che attenzione, a fare goal (e qualche arbitro che si crede onnipotente ha pure la pretesa di annullare il punto segnato!). In La Segunda Indipendencia dei Freetto Mesto, registrato a Nipozzano a fine 2004, melodie montanare e da balera finiscono per perdere la testa e l’orientamento in una rapida accelerazione corale. We charge extras dei Chuck Norris Zen Solution Ensemble, di cui si sa soltanto che è stato registrato in un assolato pomeriggio, inizia con una cadenza che ricorda la parte centrale di Child in Time dei Deep Purple, e qualcuno aggiungerà adesso un’altra tacca sulla stecca dei miei peccati, e poi finisce per riflettersi su modelli folk-psichedelici verso un finale sempre più stonato. C’è poi il blues dilazionato dei Bron Y Aur, intitolato Free Picture, che è stato registrato a Cagliari nel 2005 (la registrazione non è segnalata come ‘live’ ma è mia impressione che sia comunque avvenuta in presa diretta). Ancora al 2005 risalgono i brani di Allun e Sinistri.Something Wrong, delle prime, proviene dal video eponimo dell’accoppiata familiare Natalia Saurin / Silvia Levenson; si tratta di un gioiellino sbilenco da casa delle fiabe o delle streghe (che poi è la stessa cosa) o da orologiaio matto… (ma no, quello era il cappellaio!!!). Pre-Amp Chank, dei Sinistri, è successivo alle registrazioni di “Free Pulse” e conferma tutto il fascino e il potere coinvolgente insito alla musica del gruppo, e con il suo mood velatamente lisergico lascia intuire anche le innumerevoli possibilità di cambiamento nella continuità che esistono per Manuel Giannini e compagni.
Ultimo giro per le cinque piste registrate agli studi della Ebria appositamente per questa compilation (tutte del 2005): A 4 degli OvO, Fishpool (Latest Duello) dei Pin Pin Sugar, Song 5 degli I/O, ro15-4513 dei Tanake e 04-Session dei Ben-za!. Iniziamo dai padroni di casa che, nel CD, seguono a ruota i Sinistri e confrontati con i massesi fanno la figura dei collegiali… eppure Song 5 è un ottimo pezzo che mi sembra avere delle intrinseche influenze swamp, quasi un coito non interrotto fra il Miles Davis elettrico e i Cramps. Ben-za! è una versione allargata degli I/O, più western e dsertificata. Quello dei Pin Pin Sugar, in precoce equilibrio fra schizzati rantoli core e più rarefatte tessiture melodiche, ha chiaramente il senso di un addio. Ancora atmosfere free-core strette con i Tanake, con basso e trombone impegnati a dialogare sopra le scariche di una batteria molto a la Ruins. Last but not least, è proprio il caso di dirlo, gli OvO con uno splendido lento destabilizzato dal ‘tocco del male’.
Mi pare di non aver tralasciato nessuno. La compilation è in edizione limitatissima (500 copie numerate) e in buona parte è già stata accalappiata durante i due giorni della rassegna. Il modo migliore per metterci le mani credo sia quello di scrivere direttamente alla Ebria Records




2006 - EAR Rational
Releases review


I/O “s/t”
Band’s interest is focused on the process of interaction of sound that brings to the (de)structuralization of the song: the process (dynamic), more than the final result (static). Free form rock from Sinistri to Strom&Stress with contemporary and jazzy attitude.
“Regardless of which geographic region or country they reside, improvising artists continue to push the envelop of originality and musicality by exploring the endless possibilities of sound reproduction. [...] The result is a recording of unique tonality highlighting the efforts of one group in search for newness. This music will grow on you but only after sustained exposure.”
[All About Jazz]


OvO “Cicatrici”
OVO is a project of music and life. OvO is 360° lifestyle project or the last frontier of DIY or the maximum musical freedom and level. Bruno Dorella on mini-kit drums and Stefania Pedretti on guitar, toys and violin. From Boredoms to DIY industrial... they greet us with great surprises.
“This is a great quality indeed in a sea of redundant records: though caustic and unnerving in its nature, "Cicatrici" is a cd you can listen to in a row without getting bored, and then back again. Carnal, dark but also wickedly childish, OvO play some perfect disaster reports: the title, meaning "Scars", sounds as no joke.”
[Chain D.L.K.]


Nippon & the Symbol "Universonbangaorfeo"
Universonbangaorfeo comes at the end of two years of live performances of the band. Nippon is a band playing music and readings. Tales and novels from three great italian authors: Italo Calvino, Dino Buzzati and Dino Campana, from life’s beginning to the end of the universe, passing through the rise and fall of dinosaurs and the myth of Orfeus and Euridice.
“Va comunque detto che l’opera in sé è a mio avviso uno dei migliori lavori musicali del 2004. […] Consiglio a tutti l’ascolto e l’acquisto.” (We have to say that this one of the best record of 2004.We suggest you to listen to it andto buy it).
[Impatto Sonoro]
“[…] musica da camera e jazz informale, sprazzi di contemporanea e sperimentazione ‘rock’ […] Gran bel disco.” (chamber music and not formal jazz, a bit of contemporay and rock expreiments [...] Great record)
[Sands-Zine]


Uncode Duello “s/t”
Uncode Duello, is the result of a long period of hard job, careful listenings, readings and visions, studying use of instruments, sounds, dynamics, of newest and oldest machines and technology. But not only. This is “The” record by Cantù and Iriondo, because they have produced and thought by themselves, making treasure of past experiences and putting all into it. A perfect Soundtrack for these years.
“Guitars, bass, clarinet, voices, tapes, organs, electronics, etc. collide in these bizarre architectures and ready-made objects - as if the anarchist spirit of the "Faust tapes" was revived by Storm & Stress or their label mates A Short Apnea (minus the tragic feel), Bron y Aur or I-O. A loose, but oddly powerful and cohesive interplay, where melodies and found sounds are continuously shattered and recomposed into new forms, makes this a captivating listen, probably closer, at a skin-deep level, to folk and rock than to academic avantgarde.”
[Chain D.L.K.]


IOIOI "Bright Future"
The future is a game, you can just follow the future, like a jellyfish, you can't choose anything: you can just play with it as a baby does. Children build their future by imagination, projecting the present - the now and here - into something that is not now and not here. A child can create a great magic story by using everything is nearly there…nevermind the materials! So probably the future is a very temporary shape that comes from water and that is going to melt into water. This is what IOIOI's music would like to express.
“If you’ve wondered who watches “Aqua Teen Hunger Force” and perhaps believes that it’s reality, you’ve never heard an IOIOI release. Eclectic female solo act IOIOI believes that freedom is in the form of free-form experimental lo-fi pop. [...] Considering this is a lo-fi venture you’ll be surprised at how accurate and well-defined the production is. Perhaps not for everyone but that’s why you’ll love it and call it your own. Indeed, she does have a "Bright Future".”
[Smother]


Echran “s/t”
Echran is a duo: Davide Del Col playing synth and Fabio Volpi (programming and voice). Echran’s music is a form of post-industrial ambient mixed with analogical echoes of the 70’s and the 80’s, all combined with cold digital sequences and an obsessive metronomic minimalism. The whole work sounds intense and compact, closing to a sort of song composition, a good use of melodies mixed to a great amount of noise.
“[...] there's a constant metronome-like pulse which could be compared to Pan Sonic or some Basic Channel-inspired minimal techno, but I wouldn't venture to define this "rhythmic electronica"; at the same time, though, it's not really ambient or droning. [...] The whole disc has an obsessive and stifling atmosphere, better fit for paranoia-tinged urban travels than for home listening.”
[Chain D.L.K.]




2006 - Post-it
"Intervita su Post-it” di Andrea Ferraris


Ci vuole più fegato o buone ragioni per aprire un’etichetta in un momento in cui il mercato è sempre più inflazionato dai dischi, da nuovi gruppi e con la gente che oltre ad aver meno soldi da spendere in cd preferisce farli sparire in prodotti molto pompati?
Crediamo che fegato e buone ragioni siano equamente bilanciate allorché si decida di aprire un’etichetta. È vero, il mercato è inflazionato e la gente spende meno per i dischi, ma questo non esclude il fatto che si abbia lo stesso voglia di mettersi in gioco per promuovere e dare voce a realtà che, secondo noi, meritano attenzione e hanno un valore. Del resto, difficilmente si decide di aprire un’etichetta con l’idea che ci si possa guadagnare o rientrare delle spese sostenute… soprattutto se si decide di essere indipendenti per scelta e non come condizione passeggera o altro…


Fino ad ora avete fatto uscire solo gruppi italiani, anzi, adesso che ci faccio caso dei gruppi che più o meno ruotano attorno all’area milanese: un caso? Una regola che non prevede eccezioni? Una conseguenza logica?
È vero, finora abbiamo prodotto solo italiani, anzi, solo gruppi dell’area milanese. Possiamo dire che sono valide tutte e tre le ipotesi che hai fatto: innanzitutto… essendo dell’area milanese viene di conseguenza che si conoscano e si creino relazioni con gruppi e persone di quell’area (OvO, Uncode Duello, Bar La Muerte e Wallace); è la realtà che conosciamo meglio perché siamo a diretto contatto con essa; crediamo, inoltre, che una forma flessibile di appartenenza al proprio territorio sia comunque un valore… questa “forma flessibile” ha altresì come conseguenza logica che non necessariamente si chiudano le porte a gruppi/artisti provenienti da altre parti d’Italia o dall’estero. Ad es. la nostra prossima uscita IOIOI è di Macerata…


Insieme alla Wallace e poche altre etichette in Italia (Neppure così poche poi) siete fra le rare label che danno spazio a “ensemble” (“sperimentali” o più semplicemente ostici) che altrimenti non avrebbero spazio. Anche questa è una regola di fronte alla quale pensate di poter recedere o è un “dictat” perentorio?
Sai… un’etichetta è, per certi versi, una creatura strana… nasce con delle idee alla base (che sono importanti per darsi un’identità), ma non è detto che queste idee non possano modellarsi e/o rimodellarsi con il tempo. Noi siamo principalmente interessati alle musiche di ricerca, nelle quali ha un’importanza fondamentale anche la ricerca sonora (questo a prescindere dai diversi generi musicali); l’etichetta ha anche una sua vita, dei momenti storici, dei percorsi di definizione e di identità; per come stiamo lavorando… ad oggi Ebria Records si muove all’interno di territori ostici, alla ricerca di ensemble, dando “voce” anche a produzioni che difficilmente l’avrebbero. Crediamo che Ebria (e noi con lei) stia delineando e trovando un suo stile che va al di là dei generi musicali dei gruppi che produciamo… e questo è molto importante per noi. Quello che ci riserva il futuro? Lo scopriremo insieme alla nostra “piccola” creatura.


Nel corso dell’anno che si è appena concluso avete organizzato un festival di due giorni che per quanto mi riguarda, sia come qualità dei gruppi che come atmosfera è stato fra gli eventi più interessanti dell’anno. Siete soddisfatti di come è andato il BääFest? Ci raccontate qualcosa di più sulle dinamiche organizzative etc.? Potete inquadrarlo per chi non l’ha visto e non ha idea di cosa si trattasse?
Grazie per i complimenti al BääFest. Il festival è un evento al quale teniamo moltissimo; siamo molto soddisfatti dell’andamento dell’evento… sia per la qualità (e disponibilità) dei gruppi che vi hanno preso parte, sia per la risposta del pubblico. È stato un evento piacevolmente faticoso da organizzare, ma ne è valsa la pena. Nei due giorni è passato molto pubblico, persone interessate alle proposte (anche quelle meno note), c’è stata grande attenzione alle esibizioni, il tutto in un clima eccezionale che ha coinvolto e messo a diretto contatto tutte le realtà coinvolte: pubblico, organizzatori e gruppi…. meglio di così!?! Il tutto è nato dal nostro desiderio di essere un’etichetta in grado di produrre dischi, ma anche in grado di offrire proposte al territorio e in grado di collaborare con le altre realtà musicali, e non, con cui siamo in contatto. Pensiamo che questo sia un periodo abbastanza favorevole, a livello musicale indipendente, per il territorio di Milano. Il festival è nato dalla collaborazione con il gruppo di ControProgetto che gestisce la Stecca degli Artigiani presso la quale si è svolto il festival. L’idea che sta alla base del BääFest - Festival Free-Impro-Minimal-Core è la seguente (cito dalla presentazione dell’evento): Il BääFest è l’occasione per unire e far conoscere diversi gruppi italiani che si muovono nell’ambiente della musica sperimentale (free, jazz, minimale, d’improvvisazione, etc.). I soggetti coinvolti provengono da diverse parti d’Italia, alcuni più noti, altri meno. L’idea è quella di offrire uno spaccato di un modo “altro” di intendere e diffondere musica. Quest’anno chissà… forse non ci saranno solo gruppi o artisti italiani…


Ci sono gruppi che non avete ancora prodotto che vi piacerebbe fare o che vi sarebbe piaciuto fare in Italia?
Ci sono alcune prossime novità. Innanzitutto IOIOI che uscirà a breve, in questo caso Ebria aprirà le porte anche ad un lavoro che introduce ottimi elementi di elettronica. Ci sono molti gruppi che ci piacciono e che conosciamo… ad esempio ci piacciono molto i Tanake di Firenze… oppure come non pensare ai bravissimi Sinistri (ex Starfuckers).


Secondo delle statistiche riportate alla radio ed in tv la quantità di pubblico che in Italia va a vedere dei concerti sembra aumentata. Pensate che sia vero? Pensate che ciò possa influire sull’esistenza di etichette e di gruppi come quelli che producete?
Abbiamo notato che c’è una sorta di ritorno di pubblico, anche se spesso molto del pubblico che si vede ai concerti è composto da “addetti ai lavori”, ma non siamo in grado di quantificare o identificare un reale aumento… e non crediamo che questo possa influire sull’esistenza di gruppi o etichette; ad es. non abbiamo prodotto I/O pensando a folle oceaniche ed urlanti durante i loro concerti… poi, come succede spesso in Italia… un basso riscontro di pubblico, a volte, dipende dal semplice fatto che si è italiani; all’estero alcune proposte hanno maggiore riscontro e l’essere stranieri (in Italia) sovente aiuta.


Visto che bene o male ruotate attorno Milano, forse siete in grado di spiegare perché una volta era un centro nevralgico da cui passavano più o meno tutti mentre ora (per i concerti) è più sonnolenta di molte città di provincia. Non c’è stato ricambio? Pensate che le cose possano cambiare? In che modo?
Non crediamo che la sonnolenza alla milanese dipenda dalla mancanza di ricambio… Milano sta cercando di risvegliarsi e le diverse realtà (label, gruppi, organizzatori, locazioni, etc.) stanno iniziando a comunicare tra di loro e a coordinarsi. Forse manca “pubblico”… ossia persone che non siano all’interno di meccanismi artistici ed organizzativi, ma per quello aspettiamo per vedere come prosegue… Potremmo farti il discorso un po’ trito e ritrito della città ricca, città della moda e dell’economia etc. etc., ma non ci crediamo molto. Forse è più vero che ogni cosa ha un andamento simile a frequenze d’onda, con interesse e riscontro che sale e scende in diversi periodi storici, con alti e bassi connessi.


La stampa vi ha dedicato un minimo di attenzione? Se sì, chi? Pensate che le cose cambieranno in meglio?
La stampa ci ha dedicato un po’ di attenzione; abbiamo ricevuto diversi attestati di stima, soprattutto dalle persone con le quali abbiamo collaborato; oppure penso a webzine come Sands-Zine, che ha sempre parlato molto bene del nostro lavoro; I/O ha ricevuto buone recensioni anche in ambito jazz (penso ad All About Jazz). Diciamo che un po’ di attenzione in più non ci dispiacerebbe, ma siamo convinti che le cose cambieranno in meglio…


C’è qualche episodio che vi ha spinto ad andare avanti fino ad ora? Ed all’opposto esiste qualche episodio che invece vi ha fato venire voglia di smettere?
L’episodio che ci fa andare avanti è la nostra passione per la musica, poi… le minestre che si mangiano quando si suona o si viaggia in giro per concerti… ah,  poi dimenticavo il cigno arrosto con patate, tanto caro ai Rosolina Mar. A parte gli scherzi… ogni nuova scoperta/incontro e ogni nuova uscita è già di per sé un bell’episodio e poi… il BääFest è un gran bel motore per noi…Episodio che potrebbero farci smettere? Finora no! Forse l’aumento del costo del diesel…


Come siete arrivati a certi ascolti, nel senso carriera simile a tutti del tipo che a quattordici anni Metallica, a sedici grunge e poi noise e a venti sperimentazione? Oppure vi siete svegliati un giorno e avete detto: “da oggi ascolto solo avanguardie giapponesi!”? Oppure ancora avete deciso di punto in bianco che ascoltare sperimentazione ed avanguardia dava lo status di nerd o di intellettuale a pieno diritto e vi interessava conquistarlo?
Risposta non seria: percorsi molto differenti tra di loro, c’è chi arriva dalla classica e dalla contemporanea, chi dal metal e via dicendo (chi il metal ha iniziato ad ascoltarlo a 26 anni), chi dal D.I.Y., chi dall’interesse per alcuni grandi voci, vedi Buckley, Stratos etc. La scoperta e la ricerca vengono da sé quando la musica non è solo un passatempo.Risposta seria: se sei brutto, antipatico e poco avvenente per fare rock’n’roll, non ti resta che buttarti sulle avanguardie e fare l’intellettuale!


Quali dischi apprezzate al di fuori del contesto in cui vi muovete, intendo “quelli normali” (mamma mia che ho scritto!!). Quali vi hanno maggiormente influenzato e quali etichette, persone, situazioni?
Mamma mia che cosa hai scritto! Veramente! Siamo in quattro all’interno di Ebria, quindi è inevitabile che qui si vada con alcuni elenchi.
Etichette: FMP, K Records, Skin Graft, Matador, Dischord, Rune Grammofon, Tzadik, Cramps, Ebullition, Touch&Go… ma anche molte altre.
Persone: Steve Reich, Erik Satie, Nick Drake, John Zorn, Ian MacKaye, Tim Buckley, Johann Sebastian Bach, Sonic Youth, Italo Calvino, Demetrio Stratos, Profane Existence, etc. etc. …la Brianza! Mamma mia che cosa abbiamo scritto!!!


Uscite future, progetti?
Come già indicato… prossima uscita: IOIOI, stiamo cercando di mettere insieme la compilation del BääFest e qualche altra sorpresa più in là nel 2005.
Progetti: l’edizione 2005 del nostro festival, una collaborazione “concertistica” con Bar La Muerte e Wallace, stiamo pensando all’ipotesi di aprire un’ala Ebria con la quale pubblicare dischi su internet e un’altra ala Ebria che dia anche spazio alle arti visive.
(Ebria Records: Accursio Graffeo, Andrea Reali, Paolo Romano).